di Loredana Parolisi e Veronica Porro
Recentemente nel fatato mondo della ginnastica ritmica è esplosa una bomba: tre ex ginnaste della Nazionale sono uscite allo scoperto e hanno dichiarato alla stampa gli abusi perpetrati nei loro confronti dallo staff tecnico dell’Accademia di Desio. Violenze e vessazioni che non riguardano solo il rapporto con il cibo e lo standard di magrezza richiesto ma che raccontano il metodo (abominevole) mediante il quale si cerca di ottenere il risultato: la mortificazione e il conseguente danno psicologico su sempre più giovani atlete.
La Federazione si dichiara sorpresa ma io, genitrice di non professionista, purtroppo, non lo sono affatto. Non è un caso, infatti, che la ginnastica ritmica sia uno degli sport con maggiore incidenza di dropout (abbandono precoce) e non solo per l’impegno di tempo richiesto ma anche perché sport femminile e questo fenomeno colpisce prevalentemente le ragazze.
Ad avvallare le dichiarazioni delle ex campionesse ci sono migliaia di testimonianze sparse nel web di praticanti non così autorevoli che suggeriscono che la linea di comportamento o, meglio ancora, la cultura, anche di società sportive minori sia quella dell’umiliazione e della punizione e c’è pure il dissenso di alcune realtà costrette, poi, a subire piccole ritorsioni.
Per questo ho chiesto e ottenuto che emergesse la presa di posizione di chi lavora nei gangli della ginnastica portando con sé il peso della crescita psicologica di circa 160 ginnaste, la maggior parte delle quali sono bambine.
La lettera della direttrice tecnica
Sono le 11 circa di lunedì 31 ottobre e ricevo la notifica di un’e-mail da parte di Gymnasium’97. Non la apro immediatamente pensando a una comunicazione di routine ma quando lo faccio non posso che compiacermi di leggere, nell’incipit, queste parole: <<Non è prassi, per me, scrivere i miei pensieri (agli associati, n.d.R.). Lo faccio raramente e in occasioni importanti, ma credo che questa lo sia!>>
Veronica Porro, Direttrice Tecnica, scrive una lettera alle famiglie delle ginnaste per dichiarare il suo disallineamento rispetto a certe pratiche che, come lei stessa mi dichiara in un approfondimento telefonico, <<ritenevo risalissero a trent’anni fa (quando lei era agonista, n.d.R.) e non a oggi>>. Alla mia domanda sulla sua vita da atleta testimonia di non essere mai stata vittima di abusi o maltrattamenti, consapevole, tuttavia, di vivere in un contesto in cui la disciplina era molto rigida e lei si atteneva pedissequamente al codice di comportamento. Racconta poi aneddoti relativi ad alcune sue compagne che durante i ritiri erano costrette a nascondere il cibo cucendolo nei cuscini per aggirare il quotidiano controllo di armadi e vestiti fatti dallo staff tecnico. Episodi, questi, che le hanno lasciato una traccia indelebile e che l’hanno condizionata nella scelta di un approccio che, come afferma lei stessa, è “non troppo competitivo” <<per scelta e perché credo in un lavoro sano, educativo>>.
Nella lettera, Veronica invita tutti a documentarsi sugli scandali dei giorni passati leggendo le interviste a Nina Corradini e Anna Basta e a cogliere l’invito della Federazione a denunciare. Aggiunge, poi: <<io ho sempre fatto presente, in ogni ambito, il mio disappunto davanti a questi fatti o a pressioni anche quando ero giudice, per questo sono sempre stata messa in disparte>> e precisa di non aver mai voluto <<far parte di una “cricca” o di un mondo VIP in cui non mi sono mai riconosciuta… a discapito di non avere trattamenti privilegiati o di subire piccole ritorsioni>>. Privatamente chiedo, quindi, a Veronica a cosa si riferisse in particolare e lei mi spiega di non essere stata vittima di pressioni di alcun tipo ma di aver discusso, talvolta, sull’attribuzione dei punteggi attirandosi qualche antipatia che si ripercuote anche sui risultati. <<Una prassi prevista dal codice>> si sente di precisare la tecnica <<che prevede che la Presidente di Giuria qualora ritenga che il tuo punteggio non sia consono possa chiedere di cambiarlo. Nelle ultime gare sono stata molto a disagio per queste richieste e perciò ho deciso di non partecipare più>>.
Nella lettera, infatti, la Direttrice auspica che le famiglie diffidino di quelle <<società sportive in cui le vittorie arrivano più facilmente, dove le ginnaste vengono messe a dieta ed hanno un fisico scolpito, dove la competizione non è sana ma alimenta sofferenze e rivalità estreme, portando a risultati sì più immediati ma a discapito dei valori che lo sport dovrebbe trasmettere>>.
Le ragioni per cui non bisogna smettere di parlarne
Al di là dell’inchiesta sui fatti specifici che non devono assolutamente rischiare di essere minimizzati o circoscritti ai vertici della pratica sportiva, è importante che emergano tutte quelle voci di dissenso che da sempre costellano la ginnastica ritmica chiedendo un cambiamento. Queste voci raccontano la persistenza di metodi militari, punitivi e contrari a ogni forma di educazione con l’aggravante che situazioni analoghe si verificano anche a livello amatoriale con atlete giovanissime, ovvero bambine di 8 e 9 anni.
Vessazioni e violenze sono spesso scambiate come pratiche per il riconoscimento dell’autorevolezza e l’umiliazione inflitta viene confusa con lo spirito di sacrificio. Accade per diverse ragioni: uno standard impossibile da raggiungere; allenatrici e allenatori totalmente inadeguati al ruolo di educatori; mancanza di progetti formativi per gli staff sportivi su materie come la psicologia dell’educazione; l’omertà delle famiglie (anche loro vittime di un sistema) che temono ritorsioni durante le gare. È un vaso di Pandora che si apre e che dovrebbe spingere chi è ai vertici di questa disciplina sportiva a riformare non solo il codice dei punteggi ma anche quello delle affiliazioni, pretendendo trasparenza e mettendo a disposizione enti per la formazione pedagogica dei tecnici e delle tecniche nonché sportelli di ascolto per ginnaste e ginnasti.
La ginnastica ritmica è lo sport che più di qualunque altro educa alla perseveranza, alla forza e alla bellezza. Lo testimonia il coraggio di chi ha scelto di rinunciarvi pur di farsi promotore di un ideale che è ormai vicinissimo ma ancora nascosto da una coltre di disinteresse.
Umanista Digitale | Social Media Expert | Linguista
Mi occupo di tematiche di genere e comunicazione all’Università degli Studi dell’Insubria. Sono fan di Gymnasium’97.